giovedì 30 settembre 2010

Pisa, la torre pendente e oltre

La città di Pisa racchiude tesori di inestimabile valore che ne fanno una delle più importanti città d’arte italiane. Il fulcro della sua pregiata offerta artistica e architettonica è la Piazza dei Miracoli, da cui si innalza la celebre Torre Pendente.


Il candore marmoreo dei monumenti, che sembrano sorgere dal tappeto erboso dalla piazza, offre ai visitatori uno spettacolo unico nel suo genere. L’armonia delle loggette, che rendono così leggiadra l’imponente struttura della Torre Pendente, si ripete nel vicino Duomo e nel più distante Battistero, creando un continuum stilistico e visuale di rara bellezza.

Completano l’offerta artistica della piazza il Museo delle Sinopie, all’interno del quale sono custoditi i disegni preparatori degli affreschi del Camposanto Monumentale, e il Museo dell’Opera, ricca collezione di sculture, pitture e reliquiari antichi.


Antica Repubblica Marinara, Pisa offre molto di più della celeberrima Torre e merita una permanenza di qualche giorno che permetta di apprezzarne tutte le bellezze. Le insenature dell’Arno, attorno a cui la città è nata e cresciuta, rendono suggestiva la vista dei Lungarni e dei maestosi palazzi di epoca granducale, delle chiese in stile romanico e gotico e delle fortificazioni medievali e rinascimentali che si affacciano su di essi e che si possono ben ammirare dai cinque ponti che attraversano l’Arno. Del fascino dei Lungarni hanno scritto tra gli altri autori come Byron, Shelley, Montesquieu, Leopardi, Carducci, D’Annunzio e Foscolo.


I Lungarni sono particolarmente spettacolari di notte, grazie alle luci dei lampioni e degli edifici che si riflettono nelle acque del fiume. Durante la Notte di San Ranieri, il 16 giugno, i profili dei palazzi e dei ponti si adornano di mille luci per festeggiare il patrono della città: è la magica atmosfera della Luminara.

A pochi minuti dalla Torre si apre invece la rinascimentale Piazza dei Cavalieri, emblema della dominazione Medicea sulla città. Voluta da Cosimo I per celebrare l’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano e progettata dal Vasari, racchiude i più importanti palazzi e chiese della Pisa granducale, primo fra tutti il Palazzo dei Cavalieri (detto anche della Carovana) con la sua maestosa facciata.
Nei quartieri del centro storico si dirama un fitto tessuto di vicoli, in cui si ritrova l’identità della Pisa medievale. La strada di Borgo Stretto univa i due ponti che consentivano il passaggio sui corsi d’acqua Auser (oggi Serchio) a nord, ed Arno, a sud della città. Qui troviamo la Chiesa di San Michele in Borgo, esempio del ricco patrimonio di edifici religiosi pisani, che presenta una curiosità sulla sua bella facciata: scritte che inneggiano ai candidati alla carica di Rettore dell'Università nei primi anni del Seicento.


Sul Lungarno Mediceo, il Museo Nazionale di San Matteo conserva importanti collezioni medievali di pitture e sculture pisane, sculture lignee e codici miniati.

Antica residenza estiva della famiglia medicea, il Museo Nazionale di Palazzo Reale espone arredi e arazzi dell'epoca, nonché un raccolta di armamenti del Gioco del Ponte. Al suo interno anche una gipsoteca e una collezione di dipinti di Antonio Ceci.
Altre chiese che meritano interesse sono quella del Santo Sepolcro sul Lungarno Galilei, costruita con una pianta ottagonale che si ispira al modello della Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme e, sempre lungo l’Arno, la particolare Chiesa di Santa Maria della Spina, esempio notevole di arte gotica in Europa, edificata nel 1230. Il nome deriva dal fatto che qui sarebbe stata portata una “spina” facente parte della corona di Cristo, successivamente spostata in altra chiesa. Da non perdere anche la Chiesa di San Paolo a Ripa d’Arno nel quartiere di Sant’Antonio.


Fuori dal centro cittadino degna di attenzione è la romanica Basilica in località San Piero a Grado, situata nel luogo dove la leggenda vuole sia sbarcato l’apostolo Pietro nell’anno 44. Di grande effetto l’interno monumentale a tre navate, mentre all’esterno risalta la bellezza delle tre absidi e la particolarità di una quarta abside, in luogo della facciata. (pisaunicaterra.it)

sabato 18 settembre 2010

Trieste, il mare e la città

Percorrere il lungomare di Trieste è uno dei modi migliori per entrare a contatto con la città e il suo multiforme stile architettonico. Suggestiva l’area del Porto Franco Vecchio e il Palazzo delle Assicurazioni Generali, terminato nel 1886.



Da qui si arriva al Canal Grande, al cui lato si erge il Palazzo Gopcevic e Palazzo Carciotti, con la sua maestosa facciata decorata da colonne e statue. Poco prima di Piazza Unità d’Italia si estende il Molo Audace, da cui si gode una meravigliosa visuale della città.



Non c’è modo migliore di iniziare la visita in città che partire da uno dei suoi luoghi più magici e noti, il
meraviglioso Castello di Miramare, voluto da Massimiliano d’Asburgo. Adagiato su un promontorio a picco sul mare, sul lato estremo del golfo, il castello richiama atmosfere struggenti, circondato da un parco che conserva importanti specie botaniche. A San Giusto, il colle che domina la città, svetta un altro suggestivo castello, edificato nel 1470 per volere di Federico III: qui la passeggiata vi condurrà fra i bastioni e le feritoie delle mura, fino al punto panoramico che abbraccia l’intera città. Nella zona del Carso, su un promontorio roccioso, svetta il Castello di Duino, luogo in cui il poeta Rilke soggiornò nel 1911 e compose le
omonime Elegie.



Lungo le vie della città, l’aristocrazia triestina del XVIII secolo e l’alta borghesia ottocentesca hanno
lasciato testimonianze del gusto e dello stile allora in voga. Villa Sartorio, in stile neoclassico, conserva
intatto l’arredamento originale.



Palazzo Revoltella, preziosa dimora appartenuta al ricco commerciante Pasquale Revoltella, è d’impianto
neorinascimentale decorata con preziosi marmi. Da non perdere infine Palazzo Morpurgo, un tempo residenza di una ricca famiglia della borghesia triestina e oggi sede del museo omonimo, dove potrete ammirare i preziosi e antichi arredi originali. (retecivica.trieste.it)

mercoledì 15 settembre 2010

Bergamo Alta

L’incontro con la città sul colle è ancora quello di quattro secoli fa quando si supera la principale porta nelle mura, dedicata a Sant’Agostino.



Ecco, al di là del passaggio, la monumentale fontana di candido marmo e di arenaria grigia con al centro il getto d’acqua fresca di una sorgente. Rappresentava per lo stanco viaggiatore la ricchezza e l’abbondanza della città.

Un’altra fontana oggi richiama l’attenzione del visitatore. E' quella di piazza Vecchia, autentico perno visivo che esalta le proporzioni della piazza, considerata una delle più belle nei territori sui quali Venezia estese il proprio dominio.


Anzi, c’è chi afferma che il luogo sembra una scena teatrale, tanto è perfetto l’equilibrio tra il vuoto della piazza, unificato dalla pavimentazione a grandi quadrati, e l’allineamento degli edifici, sormontati dalla mole della torre civica, o Campanone. 
Quasi un gigantesco punto esclamativo di pietra, verso il quale convergono le linee di questo spazio misurato. Per ammirarlo, occorre collocarsi sul lato opposto della piazza e da lì lasciare che lo sguardo vaghi libero, per essere alla fine attirato dalla sommità della torre, momento culminante di questa mirabile architettura.

E non sembra, osservando nel chiaroscuro della loggia sotto il palazzo della Ragione, di vedersi muovere le maschere della Commedia dell’Arte? Dell’immortale Arlecchino e del suo compagno di avventure Brighella, che un’antica tradizione vuole siano nati nella  bergamasca?



Un palcoscenico dove storia e leggenda, grandi personaggi e artisti, si muovono e fanno parlare di sé.
Ma si può anche cambiare il nostro punto di vista e raggiungere, con un rapido e modernissimo ascensore, la cima della torre del Campanone. Per spaziare, con una vista a 360 gradi, sullo splendido panorama sui tetti della città, sulla pianura, sulla catena delle Alpi Orobiche, annunciata da una sequenza di verdissime colline. 

E, sempre da lassù, immaginare ideali percorsi attraverso Bergamo, per scoprirla e fare tesoro della sua bellezza. (turismo.bergamo.it)

domenica 12 settembre 2010

Napoli tra Rinascimento e Settecento

Nella città di Napoli le presenze delle varie epoche storiche si sono sovrapposte l'una all'altra senza cancellare i resti del passato, ma dando vita ad una originalissima forma di civiltà unica al mondo.



Iniziamo dalla piazza del Gesù, sicuramente tra le piazze più importanti della città, al centro della quale si levano la Guglia dell'Immacolata, i bei Palazzi Pignatelli di Monteleone e Sanfelice e infine la Chiesa del Gesù Nuovo; mentre di fronte, all'inizio di via Benedetto Croce, si erge il complesso conventuale di S. Chiara.
La Guglia dell'Immacolata rappresenta una moderna interpretazione dell'obelisco. Fu eretta tra il 1747 e il 1750 - con denaro del popolo raccolto dal padre gesuita Francesco Pepe - e sistemata al posto della statua equestre di Filippo V di Spagna, distrutta nel 1707 con l'arrivo degli austriaci.
Il duca Pignatelli di Monteleone cercò di opporsi alla realizzazione del monumento (alto 35 metri), paventando la possibilità che un crollo causato da qualche terremoto gli rovinasse il vicino palazzo.
La prima pietra fu posta il 7 dicembre 1747, alla presenza del Regio rappresentante Capitano delle Guardie Reali, secondogenito di Diomede Carafa di Maddaloni. Il progetto della guglia è di Giuseppe Genoino e i lavori furono diretti da Giuseppe Di Fiore.
Esempio della raggiunta autonomia del barocco napoletano, la guglia, abbellita da opere delle botteghe di Matteo Bottiglieri e Francesco Pagani, culmina con la statua, in rame dorato, dell'Immacolata del 1753.



Il settecentesco Palazzo Pignatelli di Monteleone  presenta una movimentata facciata ricca di finestre e balconi ai vari piani, ed è caratterizzata da un bellissimo portale. E’ articolato su colonne scanalate con basi di marmo e fasce ad intervalli regolari e con riquadri in marmo. I capitelli recano due bellissimi mascheroni.
Il timpano mistilineo è spezzato ed è chiuso dalla base del balcone al piano nobile. Un elegante cartiglio reca la dedica di Nicola Pignatelli del 1718 ed una lapide, a sinistra del portale, ricorda il frequente soggiorno a Napoli del pittore e scultore impressionista Edgard Degas.
La facciata del Palazzo Sanfelice è sottolineata da un massiccio atrio su cui insiste il piano nobile, caratterizzato da una serie di balconi con timpani triangolari.
L'androne ha una volta a botte con stucchi. La scala, con due colonne doriche, si articola in quattro piani, presenta un arco centrale ampio e ribassato fra due archi laterali, ed è decorata da corone di alloro.
Il Gesù Nuovo , in piazza del Gesù, è considerata la massima espressione del barocco napoletano. Non è facile isolare al suo interno una singola opera dalla complessità dell'apparato decorativo che prevale in tutta la fabbrica e che si pone come tessuto di unione tra l'architettura, la scultura e la pittura. Costruita tra il 1584 e il 1601, dall'architetto gesuita Giuseppe Valeriano, sull'antico Palazzo Sanseverino di cui conserva la facciata a bugnato, fu realizzata secondo i dettami della Controriforma, di cui rappresenta un antico esempio di architettura. La prima pietra fu posta il 15 dicembre del 1584, e insieme ad essa si murò una pergamena con la dedica all'Immacolata. Al portale del palazzo furono aggiunte nel 1685 le due colonne laterali e lo scudo ovale di Bisignano della Rovere, ai lati gli stemmi dei Sanseverino e della Rovere e un fregio decorativo con cinque testine e festoni di putti e di frutta, opera di Pietro Bartolomeo Ghetti.



L'interno del Gesù Nuovo è una prorompente fusione di marmi policromi - dai pavimenti alle cappelle fino alle pareti.
La prima grande opera che si ammira è l'affresco del Solimena sulla controfacciata con La cacciata di Eliodoro dal Tempio, con la data, 1725, e la firma dell'autore. La Cappella di San Carlo Borromeo fu decorata nel 1620 dal pittore tardo-manierista G. Bernardo Azzolino e da Cosimo Fanzago, con quattro angeli ed i busti di S. Aspreno e di S. Aniello.
Possiamo ammirare la Cappella di S. Elisabetta con decorazioni di Azzolino (tela d'altare) e di Luca Giordano e con le due belle statue del Fanzago e del Naccherino e la Cappella di S. Francesco Borgia, nel cappellone, con una tela di Sebastiano Conca, l'Estasi del Santo, firmata e datata 1754. In un'altra cappella vi sono poi affreschi Belisario Corenzio del 1605. L'altare maggiore situato in una scenografica tribuna rivestita di marmi policromi, fu ideato dal gesuita Grossi, disegnato da Raffaele Postiglione ed ultimato nel giorno dell’Immacolata del 1857. Gli affreschi della volta del presbiterio sono di Massimo Stanzione (1640). Gli evangelisti nei pinnacoli sono di Giovanni Lanfranco, che aveva affrescato anche la cupola crollata con il terremoto del 1688.
Di notevole interesse è il cappellone di S. Ignazio di Loyola, di Cosimo Fanzago, che costruì l'altare con Andrea Lazzari e Costantino Marasi.
Due belle sculture, Davide e Geremia, sempre del Fanzago, si impongono nello spazio. La grande tela che rappresenta S. Ignazio e Paolo III che approvano le regole dell'ordine è opera di Giuseppe Ribera.
Percorriamo via Benedetto Croce, superando alcuni bei palazzi rinascimentali ritoccati in epoca barocca (come i Palazzi Filomarino e, più avanti, il Palazzo Carafa della Spina), e raggiungiamo piazza S. Domenico Maggiore, con la Guglia barocca al centro, circondata anch'essa da palazzi signorili: Petrucci, Casacalenda, Corigliano e Sangro-Sansevero, mentre in alto si leva l'abside poligonale della Chiesa di S. Domenico Maggiore.
Il Palazzo Carafa della Spina , costruito alla fine del '500, fu interamente rifatto nella prima metà del '700.
Articolato in diversi piani con balconi rococò, presenta uno dei più interessanti portali dell'architettura civile settecentesca napoletana.
L'ampio portale in piperno è caratterizzato dai massicci piedritti su basi modanate e terminanti con mascheroni ad altorilievo. Sul capitello marcapiano ci sono ampie volute d'appoggio ai fauni che reggono il balcone del piano nobile su ricco stemma. Ai lati del portale sono due bellissimi fittoni (pilastrini) a testa di leone con le fauci spalancate in cui si spegnevano le torce. Il cortile presenta notevoli elementi architettonici in piperno e altri fittoni. Giunti quindi in piazza, vediamo al centro la bellissima Guglia di S. Domenico  (precedente quella dell'Immacolata, ubicata in piazza del Gesù), che fu eretta nel 1657 quale ex-voto, dopo la terribile peste del 1656, dal popolo devoto a S. Domenico, al quale si era rivolto chiedendo grazie.
Progettata da Francesco Picchiatti, la costruzione dell'obelisco fu poi sospesa e ripresa nel 1737 da Domenico Antonio Vaccaro, per volere dei domenicani con il contributo dei cittadini.
Il monumento, di chiarissimo stampo barocco, si presenta con una robusta base in mezze colonne con busti di santi domenicani. Alla sommità svetta la statua bronzea di S. Domenico.
La facciata settecentesca del Palazzo Casacalenda  sembra sia opera di Mario Gioffredo. Realizzata in pietra di Sorrento, presenta due ingressi a colonne e balconi al piano nobile, con balaustre in marmo. Alte lesene composite ne segnano la superficie con alti balconi a timpani triangolari e curvi al primo piano. Finestre quadrate sono collegate ai balconi superiori da un motivo a conchiglia. La facciata si conclude con un'alta mensola su cui è un altro piano più basso. Il cortile, con archi schiacciati e colonne di scavo è opera progettata da Luigi Vanvitelli.



Di notevole interesse è anche il Palazzo Corigliano  che prospetta sulla Piazza. Costruito nel Cinquecento dal Duca Giovanni De Sangro, fu terminato dal figlio Fabrizio. Dell'originaria struttura rimangono l'alto basamento in piperno e le finiture del primo ordine della facciata, la quale fu rifatta nel 1700 dall'architetto Genovese.
Il portale con timpano triangolare è sovrastato dallo stemma e sul marcapiano scolpito corre la stretta balconata del piano nobile; due marcapiani identici segnano gli altri ordini con balconi e timpani curvi e triangolari che ricordano la facciata di Palazzo Reale.
Il cortile presenta a piano terra una serie di accessi a sesto ribassato in piperno. Tutti i balconi e le finestre interne sono racchiusi in cornici di stucco di notevole effetto decorativo. Oggi il Palazzo è stato acquisito e restaurato dall'Istituto Universitario Orientale.
Il Palazzo Sangro Sansevero , costruito nel Cinquecento dal Principe di Sansevero Don Paolo de Sangro, fu rifatto nel Settecento dal Principe Raimondo, che ne curò specialmente la facciata, articolata in cinque piani e che presenta un pregevole portale con sottarco in marmo a finte colonne aggettanti e timpano curvo, spezzato, su cui troneggia lo stemma marmoreo.
Il profondo androne è ornato di stucchi e il cortile ha forma di trapezio.
Salendo lungo la facciata del Palazzo Sangro Sansevero, imbocchiamo il vico S. Domenico, dove subito a destra troviamo la Cappella Sansevero , una volta collegata al Palazzo.
La Cappella Sansevero o di S. Maria della Pietà (Pietatella) è da considerarsi un vero e proprio gioiello. Fu fondata intorno al 1590 quale ex voto di Giovanni Francesco di Sangro, che eresse una piccola cappella in un angolo del suo giardino per venerare la Madonna della Pietà. L'aspetto definitivo della cappella si delinea nel 1742 ad opera del Principe di Sansevero Raimondo di Sangro, che organizzò l'insieme artistico convogliandovi i maggiori scultori del tempo, cui commissionò allegorie e soggetti sacri. Spirito eclettico, il Principe Raimondo di Sangro - letterato, conoscitore d'arte ed alchimista - si creò un'immagine misteriosa che tutt'oggi emana un certo fascino. Sono degni di nota i suoi esperimenti sui cadaveri, dei quali resta nella cripta della Cappella una macabra testimonianza (si tratta di due corpi mummificati in cui sono visibili il sistema venoso e arterioso), e il tentativo di riprodurre scientificamente il miracolo di S. Gennaro, (ossia lo scioglimento del sangue raggrumato), con una mistura di oro, mercurio e cinabro. (inaples.it)